Transito di San Francesco d’Assisi: Fr. Donato GRILLI – 3 Ottobre
Transito di San Francesco d’Assisi – 3 ottobre
Riflessione di Fr. Donato GRILLI, Rettore della Basilica-Santuario

Ci avviciniamo al compimento dell’ottavo centenario del Cantico delle creature e, dal 10 gennaio prossimo, inizieremo l’anniversario della morte di san Francesco, che ricorrerà nel 2026.
Il Transito è sempre un momento molto intenso e commovente: una liturgia semplice, nella quale preghiamo e contempliamo il mistero della morte. Non è tanto un “morire”, quanto piuttosto un “passare”: un transito, un cammino dalla vita terrena a quella eterna, che non ha fine. È il passaggio all’eternità.
Francesco ci insegna come vivere e come morire. La morte, per ciascuno di noi, è l’atto che rivela ciò che siamo davvero, con tutta la nostra fede. È naturale averne timore, ma Francesco ci insegna che, più che paura, dobbiamo avere rispetto della morte. Oggi, in un tempo in cui le immagini sovrabbondano e spesso anche la morte diventa un’abitudine, egli ci richiama alla discrezione: muore circondato dai suoi frati, nella semplicità e nell’abbandono. Come racconta san Bonaventura, la morte è un tuffo nell’eternità; e noi, con la fede, ci immergiamo in questo mare che è Dio, un mare grande, misericordioso, immenso e ricco d’amore.
La lettera di frate Elia sulla morte di san Francesco ci parla delle stimmate, che fino allora erano state tenute nascoste da Francesco. Questo ci mostra quanto Francesco fosse riservato, soprattutto riguardo alla sua vita spirituale. Quando qualcuno gli attribuiva miracoli o grazie particolari, egli non cercava gloria umana, anzi si sottraeva: chi incontra Cristo non ha bisogno di ricompense, perché gli basta la sua gloria.
Le stimmate furono la risposta di Dio a un momento di crisi. Dio non elimina le nostre crisi, perché spetta a noi affrontarle con maturità e responsabilità. Egli però si fa presente, come fece con Francesco. In quel tempo il Santo si sentiva abbandonato, tradito dai suoi stessi frati, e provava la tentazione di preoccuparsi per il futuro dell’Ordine. Poi comprese: finché i frati avranno un senso per il mondo, essi ci saranno; quando invece perderanno significato, sarà lo Spirito Santo, che è più grande di noi, a prendersene cura. E questo è ciò che deve preoccuparci davvero come francescani.
Celebrare la liturgia del Transito significa allora riscoprire la nostra identità francescana: umiltà, pace, fraternità. Ma cos’è la vera umiltà? Non è semplice modestia esteriore: la vera umiltà appartiene a chi ha il cuore abitato da Cristo. Essere francescani significa anche testimoniare la pace nella sua dimensione profetica.
Oggi siamo chiamati a vivere con autenticità la spiritualità francescana. Tommaso da Celano ci ricorda che Francesco, morendo alla Porziuncola, lasciò ai suoi frati una consegna sempre attuale: «Fratelli, ricominciamo: finora non abbiamo fatto nulla. Iniziamo a camminare nelle vie che il Signore ci indica, giorno per giorno».
Immagine: Saluto di Chiara e delle povere dame di San Damiano – Assisi, Basilica Superiore di San Francesco (Giotto, 1295-1299)