Triduo per San Francesco d’Assisi: Fr. Marius-Petru BÎLHA – 2 Ottobre
Triduo in preparazione alla Festa di San Francesco d’Assisi – 2 ottobre
omelia di Fr. Marius-Petru BÎLHA

Tutto ciò che abbiamo è un dono. Tutto ciò che Dio ha creato ci è stato affidato, ed è degno di lode. Per questo ogni cosa porta con sé una relazione e una responsabilità. San Francesco d’Assisi ci invita a guardare il mondo con occhi di stupore e gratitudine, ma anche con un cuore attento e misericordioso, soprattutto davanti alla sofferenza della creazione.
San Paolo ci ricorda che tutta la creazione geme come nelle doglie del parto, nell’attesa della rivelazione dei figli di Dio. Non possiamo ignorare questo gemito. La terra è ferita, e noi l’abbiamo ferita. Vediamo i cambiamenti climatici, le foreste distrutte, l’acqua contaminata, gli animali privati del loro habitat. E i poveri sono i primi a portarne il peso. La terra soffre perché l’uomo dimentica di esserne custode. Come dice il profeta Geremia: “La terra è desolata perché nessuno la prende a cuore”.
La creazione ferita ci interpella. Ogni spreco, ogni rifiuto, ogni scelta che rompe l’equilibrio naturale è anche un’offesa a Dio, alla sua opera. Ma il gemito della terra non è solo dolore: è attesa di vita nuova. Anche se l’uomo distrugge, Dio non abbandona mai la sua creazione. Ogni fiume inquinato, ogni foresta devastata, ogni specie minacciata attende redenzione.
La liturgia di oggi, ricordando i Santi Angeli Custodi, ci ricorda che Dio manda un angelo a custodirci sul cammino. L’angelo è protezione, guida, vicinanza. Anche noi siamo chiamati a questa missione: custodire la creazione, accompagnarla, rispettarla. Siamo relazioni: non possiamo salvarci da soli. Come siamo custoditi, così siamo chiamati a custodire.
San Francesco ci insegna a lodare il Signore anche nelle ferite del mondo, persino nella fragilità e nel dolore. La speranza cristiana non chiude gli occhi davanti al limite, ma lo accoglie e lo trasforma, perché Dio promette “cieli nuovi e terra nuova”. E questa terra sarà l’eredità dei miti: “Beati i miti, perché erediteranno la terra”.
Il Giubileo della Speranza ci chiede gesti concreti: custodire il creato, vivere sobriamente, educare al rispetto, costruire fraternità. Non sono solo gesti ecologici, ma atti di fede, segni della speranza che abita in noi. Dio può trasformare il dolore in vita, il gemito in canto, la ferita in bellezza. Per questo, come dice Papa Francesco: “Non lasciamoci rubare la speranza”.
Avvicinandoci alla festa di San Francesco, rinnoviamo il cuore e la nostra relazione con il Signore. Lodiamo Dio con tutto ciò che esiste, anche quando la creazione è ferita e geme. Che il nostro cuore diventi un canto di lode, di custodia, di speranza. Così, come veri discepoli di Cristo e di Francesco, saremo portatori di pace.
E allora, nel Transito e nella Festa del Poverello, potremo cantare insieme: “Laudato sii, mi’ Signore, con tutte le tue creature”.
Immagine: San Francesco – Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco (Cimabue, 1285)