99^ GMM – “Evangelizzare con il cuore” di fr. Marius-Petru BÎLHA

99^ GMM – “Evangelizzare con il cuore” di fr. Marius-Petru BÎLHA

99ª Giornata Missionaria Mondiale
Missionari di Speranza tra le genti

Basilica “San Francesco”
Santuario “San Francesco Antonio Fasani”
(Domenica 19 ottobre 2025 – ore 19:30)

Organizzato dall’Associazione “Missione San Francesco Antonio Fasani” OdV di Lucera.

Riprese e registrazione di Luigi SALOME per il canale MòTV live web tv su You Tube.

Presentazione del libro
Evangelizzare con il cuore
di fr. Marius-Petru BÎLHA

Il titolo, Evangelizzare con il cuore, è in piena sintonia con la nomina di “Missionario della Misericordia” conferita da Papa Francesco all’autore. Etimologicamente parlando, questa espressione ci dice che fr. Marius è stato inviato a coloro che in qualche modo vivono in una situazione che ha urgente bisogno della tenerezza del cuore di Dio (fr. Dariusz MAZUREK, Prefazione p. 3).

Le copie sono disponibili c/o il Santuario
“San Francesco Antonio Fasani”
  20,00 €  15,00 € 
il ricavato sarà interamente devoluto a sostegno delle nostre missioni
in Burkina Faso e Venezuela

INTRODUZIONE di fr. Donato GRILLI
Guardiano del Convento “San Francesco”
Rettore della Basilica “San Francesco” – Santuario “San Francesco Antonio Fasani” di Lucera

Oggi celebriamo la 99ª Giornata Missionaria. Come comunità della nostra Basilica siamo invitati a pregare in modo particolare per le missioni. Il Vangelo ci richiama con forza alla necessità di una preghiera costante, che non si stanca e non si arrende. La preghiera agisce in profondità: è come una goccia capace di scavare lentamente la roccia. I suoi frutti, forse, non sempre riusciremo a vederli con i nostri occhi, ma la preghiera porta sempre i suoi effetti, perché Dio è fedele alle sue promesse. A noi è chiesto di essere perseveranti e pazienti.

Come comunità siamo chiamati non solo a sostenere con la preghiera, ma anche ad aiutare concretamente i più bisognosi: i fratelli che vivono accanto a noi, come coloro che si trovano nel carcere vicino, e tutti coloro che portano il peso della sofferenza e della povertà. Al tempo stesso, questa giornata ci invita a riflettere sul significato della missione: cosa vuol dire, oggi, nel 2025, essere missionari? Un tempo i frati partivano sulle navi, diretti verso l’Africa, il Venezuela o il Brasile. Viaggiavano per un mese intero, affrontando l’incertezza e l’avventura dell’ignoto pur di annunciare il Vangelo.

Oggi siamo chiamati a riflettere anche sul modo di vivere la missione nel nostro tempo, nel 2025. Abbiamo la grazia e l’occasione di poter ascoltare la testimonianza di fr. Marius-Petru, che ha raccolto in questo libro le sue esperienze missionarie. Attraverso il suo racconto, possiamo guardare alla missione con occhi nuovi e riscoprire come lo Spirito continui ad agire anche oggi, attraverso la vita e la dedizione di chi si dona agli altri per il Vangelo.

PRESENTAZIONE di fr. Massimiliano MARSICO,
Vicario del Convento e Confessore
– dal 1988 al 1997: Ministro provinciale della Provincia di Puglia
– dal 1985 al 1988: Guardiano del Convento “San Francesco” di Lucera, durante la Canonizzazione di Francesco Antonio Fasani 26 aprile 1986 e accompagnatore ufficiale di Giovanni Paolo II in visita a san Francesco Antonio Fasani il 25 maggio 1987

Il titolo del libro di fr. Marius, Evangelizzare con il cuore, inserito nel suo contesto storico, pastorale e carismatico, colloca la testimonianza – ma soprattutto l’esperienza spirituale dell’autore – al centro della tradizione francescana. Francesco d’Assisi, infatti, che cosa ha fatto nella sua vita? Annunciare Cristo. Questa è l’evangelizzazione: non un annuncio imposto con la forza o con le armi, ma testimoniato con la vita, con il cuore trasformato dalla grazia del Signore.

Basti pensare all’episodio della crociata, lo scontro tra esercito cristiano e saraceno. Francesco parte con due grandi desideri: imitare Cristo fino al martirio e favorire la riconciliazione. Si reca dapprima nel campo dei crociati, senza ottenere ascolto. Poi si presenta al campo dei musulmani non come nemico, ma come uomo che desidera conoscere, incontrare e comprendere. Nel dialogo con il Sultano, capo dell’esercito saraceno, Francesco costruisce un rapporto di autentica amicizia. L’amicizia – egli ci insegna – non nasce dalla mente ma dal cuore. Francesco rimane fermissimo nella fede e nel desiderio di annunciare Cristo, ma lascia che sia il cuore a guidare le sue scelte. In questo stesso orizzonte si inserisce e si comprende l’esperienza di fr. Marius.

Nel suo libro, l’autore ripercorre la storia della propria vocazione e del proprio cammino sacerdotale e spirituale. Alcune sue espressioni illuminano la prospettiva del testo. Scrive, ad esempio: «Questa esperienza è stata per me una lettera che Dio mi ha scritto» (p. 12). In questa “lettera di Dio” egli riconosce quattro grandi richiami:

  • «Affetto sincero e gratuito» – il cuore. Francesco evangelizza donando se stesso: l’affetto vero è sempre gratuito.
  • «L’allegria del vivere la fede e del farla conoscere». San Paolo VI ricordava che ogni cristiano è un missionario. Nella spiritualità francescana questo vale ancor di più: un francescano non può non essere missionario. Il luogo cambia, ma la missione è possibile ovunque, purché siano il cuore e l’intelligenza a muovere l’annuncio.
  • «Semplicità come respiro rinfrescante».
  • «Generosità, espressione di un cuore grande, semplice, sensibile e accogliente».

Quando fr. Marius parte per la missione in America Latina, non guarda come coloro i quali devono ricevere il Vangelo: le guarda come coloro che gli danno il Vangelo. E in che modo? (pp. 60-61)

  • nella «fame e sete di formazione umana e spirituale»;
  • nel «desiderio di crescere nella fede», arrivando a percorrere chilometri a piedi pur di partecipare alla Messa. Lì non contano gli orari: quando il sacerdote arriva, la comunità gioisce. Questo restituisce la forza di sentirsi utile;
  • nella «simpatia dei bambini e la loro gioia nel ricevere la benedizione»;
  • nei «sorrisi e la simpatia delle ragazze»;
  • nell’«amicizia sincera e molto bella di molte persone» di molti;
  • nel «servizio di catechisti che donano il tempo della loro vita»;
  • nell’«entusiasmo e la dedizione degli operatori pastoral»;
  • nella «i gruppi parrocchiali impegnati».

Da tutto ciò nasce un appello: smettiamo di essere cristiani stanchi. Un cristianesimo non entusiasta non esiste. Si può essere entusiasti della fede anche nella sofferenza: basti pensare a santa Chiara, inferma per vent’anni allettata eppure entusiasta nella fede.

Nel libro, fr. Marius racconta poi un punto decisivo del suo cammino: l’incontro con papa Francesco. Il legame nasce quando gli viene chiesto di fare da interprete in lingua rumena durante il viaggio del Papa in Romania. Da quell’incontro si crea una sintonia profonda, fatta di lettere, incontri e consigli paterni. In una di queste occasioni il Papa gli dice: «Abbiate sempre misericordia. Assolvete sempre». Da qui nasce in fr. Marius il desiderio di diventare Missionario della misericordia. La nomina arriva in breve tempo. Che cosa significa questo ministero? È il compito di un sacerdote che non solo accoglie chi chiede perdono, ma va a cercare chi è più lontano, chi è ferito o incallito nel peccato, con un cuore senza confini, come quello di Francesco d’Assisi.

Questa missione si può vivere, in Honduras così come a Lucera, ovunque ci sono cuori da raggiungere, ferite da fasciare, persone da rialzare e un Vangelo da annunciare con il cuore.

TESTIMONIANZA di Fr. Marius-Petru BÎLHA
Missionario delle misericordia e autore di Evangelizzare con il cuore (2024)
Cappellano della Casa Circondariale di Lucera

Condivido con gratitudine la bellezza dell’esperienza vissuta durante la mia missione itinerante: prima in Honduras, per ben tre volte, poi in Bolivia e in Colombia. Questa esperienza ha lasciato un segno profondo in me, non solo come frate e sacerdote, ma soprattutto come uomo.

Ho dedicato questo libro a due persone a me carissime: papa Francesco e mia madre Cecilia.

Papa Francesco mi ha accompagnato da vicino in questa missione nel mondo. Ogni volta che arrivavo in un nuovo luogo gli scrivevo, e lui rispondeva sempre con puntualità. Il “record” fu una risposta ricevuta dopo appena due ore dalla mia email. In ogni suo messaggio c’era sempre una frase capace di toccarmi nel profondo. I suoi consigli sono stati preziosi per il cammino missionario e per custodire il senso di ciò che stavo vivendo.

La seconda dedica è per mia madre Cecilia, scomparsa a causa del Covid nel 2020. Anche in quel dolore papa Francesco ha voluto starmi accanto. Il vuoto lasciato da una madre non può riempirlo nessuno; solo il dono di sé agli altri – il dono che è proprio dell’amore materno – può trasformare quel dolore in missione. Quando, tempo dopo, arrivai in Bolivia, scrissi al Papa raccontandogli la gioia delle comunità e ciò che vivevo tra la gente. Erano passati circa due anni dalla morte di mia madre e, nella sua risposta, Papa Francesco mi disse che avrebbe chiesto a lei di benedirmi. Anche in questo, trovai parole che toccarono profondamente il mio cuore.

Mia madre è morta proprio nei giorni in cui stavo per partire per l’Honduras. Ero ad Assisi in attesa di un volo, che tardava a causa della pandemia. Il 27 novembre 2020 lei è tornata alla Casa del Padre. Da allora ho sempre avvertito la sua presenza. Ricordo, in Honduras, una delle tante trasferte verso le comunità che servivamo: la nostra parrocchia era Sant’Anna, con oltre cento comunità nelle montagne. Un giorno, durante un viaggio di più di due ore su strade difficili, rischiammo un incidente: un’auto ci venne incontro ad alta velocità, il nostro autista perse il controllo e finimmo in testacoda, fermandoci sul ciglio di un burrone. Bastava un attimo e saremmo precipitati. Dopo essere arrivati, aver celebrato la Messa e aver ripreso la via del ritorno, ebbi come una visione: vidi mia madre appoggiare le mani sul vetro dell’auto e dirmi: «Attento, figlio. Abbi cura». Sono certo che in quel momento sia stata lei a proteggerci.

Il filo conduttore di tutte le mie esperienze missionarie è stato la misericordia e la tenerezza di Dio: quella che ho riconosciuto nelle persone incontrate e quella che ho sperimentato io stesso attraverso di loro. Come Missionario della Misericordia ho desiderato soprattutto aiutare le persone a fare esperienza del perdono di Dio. Per questo ho dedicato tanto tempo al sacramento della riconciliazione: è lì che la misericordia si tocca davvero con mano, ed è lì che ci lasciamo abbracciare da Dio nel suo amore infinito.

Ricordo una comunità in particolare. Noi missionari non potevamo raggiungerla ogni domenica: a volte solo una volta al mese, altre addirittura due volte l’anno. Per questo, quando arrivavamo, si celebrava tutto: battesimi, prime comunioni, Messa. La gente ci attendeva in festa, tra canti, chitarre, gioia, e percorreva anche cinque chilometri a piedi pur di partecipare. Quella volta iniziai dalle confessioni: c’era molta gente in fila, e quando ormai era ora della Messa chiesi se preferissero celebrare subito o se desiderassero prima confessarsi tutti e poi vivere l’Eucaristia con il cuore libero. Risposero all’unisono: prima la confessione, poi la Messa. Quella fede semplice e profonda mi evangelizzò più di quanto io abbia evangelizzato loro.

Nel libro ho voluto raccontare i frutti spirituali di queste esperienze. A volte la misericordia di Dio la si sente come una carezza sul cuore: una carezza di Dio o della Vergine Maria, che incoraggia, consola e invita a camminare. Una delle espressioni che amo di Papa Francesco è “la rivoluzione della tenerezza”: le ho dedicato un intero capitolo, perché credo – come lui – che solo la tenerezza potrà cambiare il mondo. In un tempo in cui prevale spesso la durezza, la violenza, la distruzione delle relazioni, la tenerezza è la forza che costruisce ponti, restituisce umanità e salva la vita. A pag. 132:

La rivoluzione della tenerezza ci porta a rifiutare la cultura dello scarto, per cui l’uomo stesso diventa un rifiuto da buttare, a combattere la cultura dell’insulto, a sostenere la lotta contro ogni forma di cattiveria e di disprezzo, a contribuire alla trasformazione dei rapporti di potere e dominazione i rapporti di autentico servizio e promozione umana.

Si tratta di rivoluzione perché è una forza che cambia, trasforma il cuore umano, la società, le relazioni tra le persone: umanizza e abbellisce.

Lasciar fluire la tenerezza che è in noi ci guarisce, ci umanizza, ci rende belli. La tenerezza che sorge dal nostro cuore libero e liberato ci rende empatici verso gli altri e comprensivi di fronte alle debolezze umane.

La rivoluzione della tenerezza e anche una rivoluzione della bellezza. Ci aiuta a trovare la bellezza nel cuore delle persone, a combattere la bruttezza e la brutalità. La tenerezza, frutto di un’armonia interiore, fa nascere bellezza.

Questa bellezza che ho voluto scoprire nelle persone che ho incontrato nasce da una convinzione: per me la missione, l’evangelizzazione, è prima di tutto condividere il cammino di fede. Condividere, camminare insieme e portare a tutti l’abbraccio misericordioso di Dio: in questo, essenzialmente, ho sempre riconosciuto il cuore della missione.

Prima di partire per l’Honduras ebbi la grazia di incontrare papa Francesco nella Casa “Santa Marta”. Gli chiesi: «Santo Padre, per vivere bene questa missione, mi dia un consiglio». Lui mi consegnò due sole parole: vicinanza e misericordia. Vicinanza, per essere realmente accanto alla gente, condividendo con loro il cammino di fede con le sue gioie e le sue fatiche. Misericordia, per metterci il cuore in tutto ciò che si fa, che si dice e, soprattutto, in ciò che si è.

Condividere la fede, infatti, è qualcosa di grande. Noi pensiamo di partire per dare — ed è vero, siamo chiamati a donarci — ma alla fine, quando si tirano le somme, ci si accorge che ciò che si è ricevuto è molto più di ciò che si è dato. Si ritorna arricchiti, profondamente e spiritualmente.

I veri poveri non chiedono molto, ma danno tantissimo. Ricordo Lisi, una donna poverissima e vedova: le era appena morto il marito. Decidemmo di farle visita per starle vicino, pregare e consolarla; non volevamo fermarci a pranzo, perché sapevamo che ci avrebbe offerto qualcosa e lei era davvero poverissima. Pensammo di andare nel pomeriggio per non gravare su di lei. Quando arrivammo, però, trovammo il pranzo già preparato: aveva dato tutto quello che possedeva, e addirittura si era indebitata pur di offrirci un pasto, a noi che avevamo molto più di lei. Quella donna ci donò infinitamente più di un pranzo: mi consegnò una lezione di vita che porto impressa nel cuore.

Penso poi a Zoany, una bambina: aveva sei o sette anni. La prima volta che lasciai l’Honduras mi disse: «Fra’, voglio darti un regalo, qualcosa che ti ricordi di me». Prese 1 lempira, una monetina del valore di circa cinquanta centesimi di euro, e aggiunse: «Tu devi viaggiare, ti servirà». Io rimasi in silenzio, con le lacrime agli occhi: quella bambina aveva compreso il Vangelo molto più di me. In quel momento mi sono scoperto povero — non di denaro, ma di altro — e ho sentito il richiamo a un distacco più vero dalle cose materiali. Io, che avevo professato il voto di povertà, ero molto più legato alle cose di quanto lo fossero loro. I veri poveri ti danno e ti educano. Da loro ho riscoperto la bellezza di un annuncio in stile francescano: evangelizzare con il cuore.

L’itineranza è parte del nostro carisma: significa rischiare, avere fiducia, sapersi adattare, aprirsi alle sorprese di Dio; significa creatività, ascolto, umiltà. L’itineranza dona una libertà interiore: aiuta a prendere distaccarsi dalle cose, dai luoghi e persino dalle persone, per avere un cuore libero. Ci fa gustare, come diceva don Tonino Bello, «l’avventura della libertà». Ma non una libertà solitaria: una libertà vissuta con Dio, sapendo — sempre con le parole di don Tonino — «che è bello avere un partner grande come il Signore nel nostro volo». Don Tonino Bello diceva:

“Anche tu per evangelizzare il mondo”: il Signore ce l’ha anche con te. La sua mano tesa ti ha individuato nella folla. E’ inutile che tu finga di non sentire, o ti nasconda per non farti vedere.
Quell’indice ti raggiunge e ti inchioda a responsabilità precise che non puoi scaricare su nessuno. “Anche tu”. Perché il mondo è la vigna del Signore, dove egli ci manda tutti a lavorare.
A qualsiasi ora del giorno. Non preoccuparti: non ti si chiede nulla di straordinario. Neppure il tuo denaro: forse non ne hai. E quand’anche ne avessi, e lo donassi tutto, non avresti ancora obbedito all’intimo comando del Signore. Si chiede da te soltanto che, ovunque tu vada, in qualsiasi angolo tu consumi l’esistenza, possa diffondere attorno a te il buon profumo di Cristo. Che ti lasci scavare l’anima dalle lacrime della gente. Che ti impegni a vivere la vita come un dono e non come un peso. Che ti decida, finalmente, a camminare sulle vie del Vangelo, missionario di giustizia, di pace, di amore e di misericordia.

 

 

 

 

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