4 ottobre: Festa di San Francesco – Fr. Donato GRILLI
4 ottobre – Festa di San Francesco d’Assisi
Omelia di Fr. Donato GRILLI, Rettore della Basilica-Santuario

Nel 2026 ricorreranno gli ottocento anni dalla morte di Francesco d’Assisi. Sono passati otto secoli, e ancora oggi celebriamo quest’uomo straordinario. Parliamo di lui come di un santo, ma il rischio, quando si parla dei santi, è di innalzarli troppo e di considerarli figure lontane da noi. Francesco, invece, non ha mai corso questo rischio: è un santo amato da tutti, anche da chi non è cristiano. La sua figura continua ad affascinare il mondo intero.
A Istanbul, in Turchia, dove si trova un convento dei Frati Minori Conventuali, una statua di San Francesco e una di Sant’Antonio di Padova sono spesso meta di preghiera anche per i musulmani. Questo dimostra il messaggio universale di Francesco. Il suo grande insegnamento è chiaro: chi prega veramente Dio non può fare la guerra. Francesco fu un uomo di pace. E chi si proclama uomo di pace non può mai essere uomo di guerra.
Francesco è stato un grande uomo di Chiesa, ma anche un rivoluzionario. La sua vita fu segnata da due episodi fondamentali. Il primo avvenne dopo la sua giovinezza spensierata: colpito da una malattia, iniziò a interrogarsi sul senso della vita e chiese al Signore: «Cosa vuoi che io faccia?». Entrando nella chiesetta di San Damiano, davanti a un Crocifisso impolverato, udì una voce interiore che gli diceva: «Francesco, va’ e ripara la mia casa, che come vedi è tutta in rovina». Il secondo episodio decisivo fu l’incontro con il lebbroso. Abbracciando quell’uomo emarginato, Francesco sentì che in lui si trasformava in dolcezza ciò che prima gli era amaro. Da quel momento comprese la sua missione: stare accanto agli ultimi. Per questo i primi conventi dei frati sorsero presso i lazzaretti. In un primo momento, Francesco interpretò alla lettera il comando «ripara la mia casa» e si mise a restaurare la piccola chiesa di San Damiano. Ma col tempo capì che il Signore gli chiedeva qualcosa di più profondo: non solo di riparare le mura di una chiesa, ma di rinnovare la “casa” dell’uomo, la comunità dei credenti.
In questo, Francesco fu un vero rivoluzionario: riportò l’uomo al centro della fede. Come dice Tommaso da Celano, fu «un uomo fatto preghiera». Avvicinò Dio all’uomo e l’uomo a Dio, mostrando che il Signore non è lontano né irraggiungibile, ma si lascia trovare da chi Lo cerca con cuore sincero. Francesco scelse di rimanere dentro la Chiesa, pur conoscendone i limiti e gli scandali del suo tempo. Non si mise al di sopra di essa, ma iniziò il suo cammino di conversione rinnovando prima se stesso. Obbedì alla Chiesa, a Pietro e al suo successore, il Papa. Lottò per far approvare la sua Regola, quando i nuovi Ordini religiosi erano tenuti ad adottarne una già esistente. Mentre i Domenicani seguirono la Regola di Sant’Agostino, Francesco volle proporne una nuova, basata unicamente sul Vangelo. L’obbedienza, insieme alla povertà, fu uno dei pilastri della sua conversione.
Francesco ricordava che la Chiesa nasce povera e che il Vangelo chiede una vita povera, «sine glossa», senza interpretazioni che ne attenuino la radicalità. Gesù fu povero, e così volle essere anche Francesco.
Il Medioevo, in cui visse, non fu un’“epoca oscura”, come spesso si dice. Fu invece un periodo fecondo: nacquero le grandi cattedrali gotiche, segno dell’animo umano che anela a Dio, e le prime università, città e comuni. In questo contesto vivace, Francesco seppe rimanere fedele alla Chiesa, pur portando con sé un grande spirito di rinnovamento.
Fu il primo nella storia a ricevere le stimmate, segno misterioso della sua profonda unione con Cristo. Le stimmate furono la risposta di Dio a un momento di crisi e di dubbio: Francesco, scoraggiato, si domandava se la sua opera fosse davvero voluta dal Signore. Gridò: «Signore, rispondimi!». E Dio gli rispose: lo segnò con le stimmate di Cristo. Così Francesco, che aveva amato Cristo con tutto se stesso, divenne simile a Lui. Come scrisse sant’Agostino, “l’amante diventa come l’amato”. Dopo la sua morte, frate Elia annunciò ai frati la notizia delle stimmate, che solo lui e frate Leone conoscevano. Francesco aveva custodito quel dono nel silenzio, come aveva sempre custodito la propria vita spirituale e i suoi fratelli.
Negli ultimi anni, i frati lo fecero soffrire per le divergenze interne, ma egli rimase fedele a loro, pregando come Gesù: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché così è piaciuto a te». La maturità della fede, insegnava Francesco, sta nel saper ringraziare. La preghiera più pura è quella del ringraziamento, anche nella prova.
Il modo più autentico per celebrare Francesco d’Assisi è imitarlo. Egli vedeva il bene in tutti, anche in chi gli causava dolore. Parlava con la natura, si sentiva custode del creato, non padrone. Questo è il suo grande insegnamento per noi: essere custodi gli uni degli altri, della natura e del mondo che ci è stato affidato. Quando non ci saremo più, in che stato lasceremo la terra?
Francesco fu uomo di pace e visse le Beatitudini. Quando andò in Egitto non cercò di convertire il sultano, ma di dialogare con lui. Anche oggi, questo è un messaggio attualissimo: i cristiani devono riscoprire il valore del dialogo. Chi ha una fede autentica non teme il confronto. Dialogare e ascoltare significa cercare un punto d’incontro, convergere verso la fraternità.
La Bibbia inizia con un fratricidio, quello di Caino e Abele, e Dio chiede a Caino: «Dov’è tuo fratello?». Caino risponde: «Sono forse io il custode di mio fratello?». In quella risposta c’è la sua condanna. Alla fine della vita, non saremo giudicati su quante cose avremo fatto, ma su quanto avremo saputo custodirci a vicenda e camminare insieme.
Come comunità del Santuario e come città, dobbiamo imparare ad avere un passo comune, una visione unitaria. Solo così la fede diventa vita concreta, incarnata nelle fatiche quotidiane. È questo che ci insegna Francesco: attraverso la fatica, diventare uomini e donne realizzati, nella pace e nella fraternità.
Immagine: San Francesco in gloria – Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco (Giotto, 1334 circa)